Un recente studio commissionato da Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia, e realizzato dal think tank ECCO e da Artelys, sostiene che l’Italia potrebbe raggiungere il 100% di energia da fonti rinnovabili entro il 2035, ma solo se si verifica un significativo cambio di approccio.
Nella lotta contro la crisi climatica, il settore energetico gioca un ruolo cruciale, essendo responsabile del 73,2% delle emissioni di CO2 rilasciate nell’atmosfera. Pertanto, non sorprende che la transizione dalle fonti di energia fossile a quelle rinnovabili sia diventata uno dei pilastri della transizione ecologica. Nel 2022, a causa della guerra in Ucraina e delle preoccupazioni di una possibile carenza di gas, l’energia è diventata una delle principali priorità per i governi europei. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, il conflitto potrebbe persino aver accelerato la transizione verso fonti pulite. A marzo dello scorso anno, l’Unione europea ha stabilito un nuovo obiettivo ambizioso: ottenere almeno il 42,5% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2030.
La transizione ecologica sta obbligando ogni settore dell’economia a modificare i propri piani di sviluppo tenendo in considerazione una nuova variabile: l’impatto sul clima e sull’ambiente.
Questa rivoluzione deve partire dalle materie prime, e la Commissione Europea ha delineato la propria strategia con il Critical Raw Materials Act.
L’obiettivo è quello di assicurare l’approvvigionamento dei materiali indispensabili per la transizione energetica, le cosiddette «materie prime critiche» come il litio (utilizzato nelle batterie e negli accumulatori) e le terre rare (un gruppo di elementi chimici con svariati usi).
Anche il governo italiano ha cominciato a muoversi di conseguenza e nei mesi scorsi ha avviato un tavolo di lavoro con gli esperti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Secondo il ministero delle Imprese, nel sottosuolo italiano sarebbero presenti almeno 15 delle 34 materie prime critiche.